La tettonica di Venere
Venere è senza dubbio il pianeta di tipo terrestre con una maggior quantità di edifici vulcanici. Questo vale sia per il numero dei vulcani (circa 1700), sia per la molteplicità delle loro forme.
Dall'immagine di un edificio vulcanico si possono ottenere grandi quantità di informazioni sulla sua struttura e sul chimismo dei prodotti eruttati.
Su Venere i vari tipi di vulcani sono stati classificati secondo la loro dimensione e forma.
Quando i vulcani sono molto piccoli, con un diametro inferiore ai venti chilometri, si concentrano in gruppi.
La formazione di gruppi di
strutture vulcaniche è molto frequente su Venere dove
probabilmente il meccanismo dei punti caldi favorisce questo
andamento. Anche sulla Terra abbiamo strutture di questa specie:
le Hawaii. L'arcipelago delle Hawaii è formato da un
allineamento NW-SE di 3500 Km di isole vulcaniche. I quattro coni
oggi attivi sono posti a SE, ma in passato ve ne sono stati degli
altri che ora sono ricoperti al mare o sono diventati atolli.
L'evoluzione di questa catena vulcanica ha comportato lo
spostamento da NW a SE dei vulcani attivi a causa, probabilmente,
del movimento delle placche
terrestri. E' possibile che anche su Venere si possano innescare
meccanismi di questo genere che portano al cambiamento di
posizione del pennacchio caldo di materiale risalente dal
mantello, verso una certa direzione, a causa di spostamenti
locali della crosta citerea. Si può avere una prova di questa
possibile spiegazione dalla foto dei vulcani a
"frittella" citerei, che sembrano veramente essersi
spostati. La colata lavica del più recente ricopre infatti buona
parte dell'edificio del più antico.
Quando le dimensioni
dell'edificio vulcanico vanno da 20 a 100 Km di diametro, si
parla di vulcani intermedi. A causa delle loro differenti
forme sono però ulteriormente divisibili in tre classi: gli anemoni, le
frittelle e le zecche. Gli anemoni hanno
colate di lava disposte simmetricamente attorno alla caldera,
mentre le frittelle, a causa di lava molto
vischiosa, hanno una dimensione orizzontale (10-70 Km) nettamente
predominante su quella verticale (1 Km) e, inoltre, la parte
sommitale è intaccata da un intreccio di fratture radiali o
concentriche, forse causate dal raffreddamento per
solidificazione. La forma arrotondata di queste strutture ha come
causa l'enorme pressione esercitata dall'atmosfera citerea unita
alla viscosità del materiale eruttato, che impedisce il deflusso
a valle e
favorisce la solidificazione della massa lavica. Le zecche
invece hanno dei sistemi radiali di creste ed avvallamenti che si
dipartono dal bordo esterno dell'apertura centrale.
Infine, i vulcani si definiscono grandi
quando le loro dimensioni superano i 100 Km di diametro (nessuno,
però, va oltre i 700 Km). Sono generalmente caratterizzati da
fiancate chiare al radar (quindi molto rugose), e da un'apertura
centrale scura (quindi ricolma di un pavimento lavico piatto).
Sono le strutture che più assomigliano ai vulcani a scudo
terrestri.
La lava di questo tipo di
vulcani è molto fluida, infatti riesce a scorrere
per distanze enormi. Il movimento della lava su Venere non è
favorito dalla presenza d'acqua, come sulla Terra, quindi bisogna
pensare che il magma eruttato da questi vulcani sia molto basico.
Sulla Terra non è possibile questa situazione perché, anche se
dovesse esistere un magma così basico, entrerebbe in contatto,
prima di arrivare in superficie, con rocce acide, che
comprometterebbero la sua originaria composizione chimica.
La fluidità della lava permette alla stessa di scorrere come un fiume attraverso le pianure citeree. I fiumi di lava possono raggiungere lunghezze di migliaia di chilometri e scorrere in un letto largo circa 1-2 Km.
Questa specie di lava fluida è presente anche in alcuni grandi crateri. Sembra infatti che in certe condizioni di caduta, il meteorite possa generare colate di lava.
Fra i vulcani grandi se ne possono
distinguere tre fondamentali: le calderae, le coronae e gli
aracnoidi. Le calderae mancano completamente
di edificio vulcanico; mentre le coronae,
assolutamente tipiche di Venere, sono caratterizzate da un
perimetro circolare di creste e fratture con diametro comunemente
prossimo ai 200-300 Km. La superficie interna si presenta
indifferentemente incavata o rilevata; spesso è intaccata da
fratture radiali concentriche; a volte vi si ritrovano, al
centro, addensamenti di piccoli coni vulcanici. Quando le
dimensioni scendono al di sotto dei 200 Km e i sistemi di
fratture radiali si estendono per molti raggi al di là del
bordo, si parla di aracnoidi.
Questi ultimi due tipi di vulcani hanno
dato il via ad una serie interminabile di ricerche sulla loro
formazione, tuttora sconosciuta, poiché non vi è la
possibilità di saperne di più.
Alcuni pensano che queste specie di vulcani, che sono spesso in gruppi, si trovino su punti caldi. Si ipotizza che il materiale caldo in risalita dall'interno del pianeta crei un elevato tumulo circolare che, premendo contro la crosta, vi apra delle crepe vomitandoci attraverso la lava. Quando il tumulo si raffredda, può crollare come un gigantesco "soufflé", creando, intorno, fratture e rilievi anulari come quelli delle coronae o degli aracnoidi.
Altri scienziati pensano invece
che queste tipiche strutture citeree non siano affatto vulcani, bensì fosse di subduzione.
L'interpretazione nasce dal fatto che i bordi di alcune fra le
maggiori coronae, in particolare Artemis, Latona ed Euthinona,
assomigliano irrevocabilmente a fosse di subduzione terrestri. La
loro topografia è infatti, per certi versi, identica a quella di
alcuni sistemi arco fossa della Terra. Una possibilità del
genere aprirebbe la strada alla concezione che su Venere
potrebbero esistere anche movimenti di crosta tipicamente
terrestri, come quello delle zone di subduzione. L'esempio più
eclatante è quello di Artemis che, con il suo diametro di 2600
Km, è la più grande corona di Venere. Il profilo del margine
sud di Artemis
assomiglia
straordinariamente a quello della fossa di subduzione delle
Aleutine, nel Pacifico settentrionale (vedi le foto). Secondo
questi scienziati il materiale caldo in risalita formerebbe nuova
crosta, che viene successivamente persa riimmergendosi in
profondità nelle infossature periferiche. I conti mostrano che
la somma dei perimetri esterni delle coronae citeree dà un
valore di circa 15000 Km, molto prossimo, come ordine di
grandezza, ai 37000 Km delle fosse terrestri. Questo genere di
fenomeno potrebbe dare una spiegazione plausibile alla
circolazione di calore citerea.
Altre strutture peculiari della geologia
di Venere sono le novae, caratterizzate da una
serie di fessurazioni a stella, apparentemente uscenti da una
zona centrale più elevata dove a volte si ritrovano una o più
piccole calderae. Le loro dimensioni sono un po' inferiori a
quelle delle coronae (150-200 Km). Si pensa che si tratti di un
innalzamento della crosta prodotto dalla spinta del magma caldo
sottostante.